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Immagine del redattoreAlessandro

Vivere a Vanvera

Durante tutta la giornata di ieri, mi è capitato di parlare con molte persone a proposito di molte cose diverse. Non so perché ho cominciato a dare delle opinioni e dei consigli non richiesti a tutti, ma davvero a tutti. Non è la prima volta che succede. E credo che non sarà l’ultima. Nonostante speri, ma non ne sono sicuro, di non ricadere più in un errore del genere e in un tal comportamento del tutto riprovevole.

Già ieri alla fine della giornata, e questa mattina ancora di più, mi sentivo a disagio e, in un rarissimo momento di lucidità, mi sono detto che quello che avevo fatto non andava proprio bene e che nonostante già sapessi che avrei continuato a farlo, sentivo che, adesso che mi sembrava di intravedere il problema, sarebbe stata una buona occasione di dire qualcosa di più a tal proposito, prima di ricadere nella nebbia del rumore nella mia testa provocato dal dire la mia, a tutti i costi.

Così, amici, amiche, persone incontrate ieri, ma anche in tutta la mia vita precedente e in quella che verrà, scusate, scusatemi tanto, ve ne prego. In verità, non ne sapevo e non ne so niente di niente di voi, della vostra vita, delle vostre poltrone per il vostro salotto, della vostra scrittura e dei vostri discorsi, del vostro nuovo lavoro, di cosa sia meglio e di cosa sia peggio nella vita e nel mondo, del vostro cane e del suo rapporto con il vostro gatto, di vostro figlio e vostra figlia, delle cose da fare e quelle che sarebbe meglio evitare, della ricetta per la pizza fatta in casa che a volte è meglio di quella comprata in pizzeria, del tiramisù con le uova freschissime che bisogna lasciare riposare qualche ora in frigorifero, della situazione economica internazionale, della crisi sanitaria, dell’arte astratta, della ricerca scientifica, della psicologia e della psicoterapia che un po’ fa bene a tutti, della verità, del senso della vita, di uomini e donne di buona volontà. Davvero niente. Non so niente di niente nemmeno di me, figurarsi. Quindi fate come se non avessi mai detto niente e le mie parole siano state come una mosca intestarditasi intorno a voi, solo un fastidioso ronzio che scacciate via con un rapido colpo di mano.

La prossima volta che mi incontrate, quindi, non cominciate a rivolgermi la parola con frasi del tipo: come va? dove stai andando? come stai? Perché sarei costretto a rispondere con delle affermazioni di cui ignoro del tutto il senso o, ancora peggio, sarei costretto a mentire, anche se non saprei nemmeno di stare mentendo. Anche se rispondessi, per esempio che va tutto bene, in una maniera generica, non sarebbe la verità, perché in effetti non so davvero se va bene oppure non va bene. Se per caso mi incontrate quindi, non fate domande di nessun tipo riguardo nessun argomento, perché tanto io non ne so niente. Se volete salutarmi, allora state zitti e fate un cenno con la testa, e poi andate via veloci senza guardarmi, perché anche la mia risposta con un altro cenno sarebbe qualcosa del tutto improvvisato e di cui ignoro il significato. La cosa migliore sarebbe che se mi incrociate per strada, voi facciate finta di non vedermi e non conoscermi. Ancora meglio: cambiate strada e cominciate a correre il più lontano possibile da me. Lasciatemi solo che le mie parole di cui nemmeno io capisco il senso.

Se per una ragione o per un’altra, per tutta una serie di impossibili e imbattibili coincidenze, ci trovassimo a casa mia, oppure siete stati così sciocchi da invitarmi a casa vostra e magari insistere pure – perché la solitudine gioca brutti scherzi - senza però chiedermi se mi va di venire da voi, quindi senza darmi la possibilità di dire qualcosa di cui ignoro del tutto il senso, ma dicendomi «dai, vieni da me», e allora mi domandate che cosa voglio mangiare o se gradisca un caffè o una bibita al limone, io potrei dire delle cose, affermare che ho voglia di qualcosa, che voglio questo caffè o quella bibita o ancora dell’altro, ma in verità non lo saprei per certo, perché non appena mi proponete qualcos’altro, io dirò che va bene anche quello, che era proprio ciò che intendevo e per fortuna che l’hai capito al volo. Non lasciatemi la possibilità di dire la mia su un qualsiasi argomento. La cosa migliore sarebbe che non veniate da me e non mi invitiate da voi. Credo, senza saperlo davvero, che ognuno stia bene dove sta e pace all’anima sua.

Donne, uomini, esseri umani, disperate abitanti di questo pianeta che gettano uno sguardo sulla mia persona per malasorte e distrazione, se vi piace l’uomo forte che decide, allora non avvicinatevi a me: io non decido niente di niente. Sono l’uomo debole che non decide, nonostante i miei 90 chili o forse 92, alla sera, dipende da cosa ho mangiato per cena, non ne sono sicuro. Se invece vi piacciono gli uomini che non decidono, allora sono proprio quello che fa per voi. Potremmo passare un sacco di tempo a valutare tutte le possibili opzioni e il loro contrario che riguardano la possibilità di scendere dal letto per esempio, cosa mangiare a colazione e così via, lasciando sempre un margine al dubbio, perché io che non ne so niente di niente di tutto quello che esiste intorno a me, del passato e anche del futuro, figurarsi il futuro, ah, che ridicolaggine, avrei sempre il dubbio che le cose possano essere differenti e non esserne mai convinto per davvero. Azzarderei ipotesi, ma senza nemmeno sapere cosa voglia dire ‘azzardare’. Siete davvero sicuri che volete avere a che fare con me? Meritate di meglio, credetemi. E poi comincio a diventare vecchio, mi pare, ma non sono certo quando si diventi vecchi, essendo il tempo un concetto di difficilissima comprensione. Finché nessuno è sicuro di questa storia della vecchiaia, allora meglio non provare a pensarci.

Agli studenti che mi capiterà di incontrare nei prossimi mesi, perché l’università nelle sue traversie burocratiche e nel suo sbilenco reclutamento e arraffamento di tutto quello che c’è di sbagliato nel mondo, ha deciso irresponsabilmente di affidarmi un corso, dico: cari studenti, non so niente di niente di quello che vi sto insegnando e parlo solo per sentito dire da qualcun altro o letto su dei volumi presi in biblioteca scritti da autori che non conosco e delle cui parole non capisco il significato. Ma se mi incontrate domani, potrei sostenere l’esatto contrario. Ne sapete di più voi, ne sono certo. Fatevi aiutare dal vostro buon senso e cambiate università, oppure se siete cocciuti e volete restare in questa università, fate di tutto per non dover seguire il mio corso. Io passerei un paio d’ore alla settimana da solo, in silenzio, aspettando che qualcuno arrivi, finché l’università forse deciderà di sopprimere il corso, oppure nelle scelte corenti che la contraddistinguono, me ne darà anche un altro raddoppiando le ore di lezione che andranno disertate e quindi i miei soldi. Voi trovereste qualcuno che sa davvero qualcosa, oppure, magari, semplicemente trovereste qualcosa di meglio da fare: voi che sapete le cose, penso che sappiate anche cosa sia meglio per voi. Infine, vedete bene, credo, che sarebbe una perdita di tempo per voi e per me. Perdere il tempo di cui non si ha coscienza è la prima conseguenza dell’ignoranza.

Se mi chiedete un’opinione su un libro o su un autore di cui vedete i volumi a casa mia, sappiate che non ho finito di leggere nessuno di questi libri. Li lascio tutti a metà, se mai ci arrivo alla metà visto che di solito mi fermo dopo poche pagine, perché comincio a dubitare del fatto che voglia davvero leggerli e che voglia davvero finirli per sapere come va a finire. E inoltre mi annoio e mi stanco e sono lentissimo, perché vengo sempre distratto da altri libri e altri argomenti e da qualsiasi altra cosa in generale che mi è del tutto sconosciuta e su cui mi affretto a dire la mia. E se mi chiedete allora come mai si trovino lì, io potrei raccontarvi tantissime storie e darvi moltissime ragioni per ciascuno di loro, ma sappiate bene che sarebbe tutto inventato, perché io non ne so niente del perché siano lì. In un modo o nell’altro ci sono arrivati e basta. Quindi qualsiasi cosa dirò su qualsiasi autore e su qualsiasi testo, dovete sapere che è del tutto improvvisato e non motivato da una lettura attenta o semplicemente da una lettura dell’opera di questo autore. Se siete l’autore in questione e mi sentite dare la mia opinione su di voi e la vostra scrittura e sui concetti fondamentali delle vostre teorie e sui personaggi delle vostre storie, non fateci caso, non prendetevela nemmeno, consideratelo un omaggio da chi avrebbe potuto leggere il vostro libro, ma era troppo difficile per lui e dunque vi ha fatto rientrare nell’orizzonte delle possibili cose che potrebbero avere un senso, un giorno forse, ma senza saperne davvero niente, nonostante grazie alla fonte inesauribile di ignoranza che nutre le mie parole potrei parlarne all’infinito. Le mie parole sarebbero la certificazione del fatto che voi e la vostra scrittura e le vostre idee e tutto quello che fate, si trovino nel posto dove le cose hanno un senso.

Se vi è capitato di leggere un qualcosa che ho preteso scrivere, perché qualche sciocco credulone mi ha chiesto di scrivere questa cosa e subito io ho accettato nonostante non sapessi niente dell’argomento in questione, o perché io, nel continuo naufragio di questo inarrestabile sbandamento dovuto al dire la mia nonostante non sappia niente, mi sono messo a scrivere, non sapendo bene cosa stessi facendo, e forse perché provavo a trovare una risposta al non sapere mai niente, oppure perché avevo un sacco di carta e penne a casa e addirittura un computer per scrivere – anche se non so nemmeno perché questa carta sia qui con me -, non chiedetemi perché ho scritto questo o quello, non ne conosco la vera ragione del perché l’ho fatto, vedete, ne so meno di voi. Non ho un’opinione su quello che ho scritto, nè sapevo e nè so che cosa volevo dire. Le parole ‘cosa volevo dire’, non hanno alcun senso per me. Ogni mia risposta che potrei dare o non dare, sarebbe, infine, un’altra domanda. Se in quello che ho scritto ci avete visto qualcosa o qualcos’altro, per me va bene lo stesso, tanto io non lo so davvero che cosa c’è da vedere e da capire. Se non c’avete visto niente e pensate che non voglia dire niente e, inoltre, che non si capisca niente, allora forse ci troviamo d’accordo – ma non ne sono sicuro – e potremmo passare un po’ di tempo insieme, guardando per aria, in silenzio.

Ogni mia affermazione, infine, non è sostenuta da alcun fatto concreto e da nessuna prova. Se esprimo un’opinione su qualcosa, fidatevi di me, anche questa opinione non è basata su un vero ragionamento, chiaro e responsabile e meditato a lungo, che abbia permesso di valutare tutti gli aspetti della questione, ma solo su confuse ipotesi e parole sconnesse, che forse suonano bene all’orecchio, ma che messe insieme non vogliono dire proprio niente. È tutto un continuo bla-bla-bla, ma senza alcuna ragione e senza alcuna conoscenza delle cose di cui parlo. Potete credermi o non credermi, tanto anche io ci credo e non ci credo.

Se mai mi chiedeste dove abito o da dove vengo, stamane, solo stamane, perché domani potrei dire un’altra cosa, sarebbe davvero la domanda buona per cercare di capire meglio il mio stato d’animo e di questo vi ringrazio. Vi direi, allora, immediatamente, che abito vicino a Vanvera, probabilmente. E potrei forse darvene una descrizione dettagliata. E allora grazie a questa spiegazione, potreste capire qualche ragione delle mie parole e opinioni su tutto.

Vanvera è una città dove tutti dicono cose su tutto, senza sapere niente di niente.

A Vanvera si fa sempre un gran baccano, tanto che non ci sono più uccelli, scappati via, perché non riuscivano più a sentire il loro canto, tanto è forte il rumore delle continue affermazioni degli abitanti di Vanvera. I pochi animali rimasti, troppo addomesticati per lanciarsi nella vita selvaggia delle certezze, se ne stanno in un angolo, senza osare aprire bocca e con le zampe sulle orecchie. Se non sei un vanverese, la vita non è facile a Vanvera.

Le riunioni quotidiane che si organizzano alla presenza di tutta la cittadinanza in un posto qualsiasi, preso alla rinfusa, ma che stranamente tutti i vanveresi trovano senza sforzo, forse sentendo l’odore delle baggianate che ingombrano l’aria, e che hanno quindi una incredibile partecipazione del cento per cento, nonostante nessuno sappia bene perché si trovi lì, sono un continuo spararla grossa. La gente arriva che già sta svanverando, come si dice da noi, e così la riunione inizia senza che ci sia bisogno di dire che la riunione è cominciata. Ecco allora che subito ci sono delle proposte di iniziative che prendono piede in un lampo tra i vanveresi, così come altrettanto subito vengono dimenticate, per poi magari essere riproposte la seduta successiva, con gli stessi medesimi argomenti o con quelli del tutto contrari. Tanto non è poi così importante, quello che conta è dire la propria.

Noi vanveresi, ci diciamo convinti, per esempio, che vogliamo costruire dei ponti giganteschi che colleghino il niente con il niente. Qualcuno tra noi pensa che sia una caratteristica della nostra città di cominciare una frase nel mezzo e non arrivare mai alla fine, e vorrebbe che ci fosse qualcosa che ci rappresentasse al meglio. Ma dimentica cosa stava dicendo e comincia ad occuparsi di altro. Noi, vanveresi e fieri di esserlo, siamo davvero dei costruttori di ponti tra mondi immaginari e mondi inesistenti e che mai esisteranno, perché i ponti non saranno mai finiti. A questa idea più metafisica e sosfisticata, se ne aggiungono sempre molte altre, improvvisate e sempre più fantasiose, ma ritorna spesso il fatto che vorremmo che Vanvera fosse considerata la città dei ponti più grandi del mondo. E se mai qualcuno facesse un ponte più grande dei nostri ponti, noi siamo determinati a farne uno ancora più grande e così via eccetera eccetera. E sull’eccetera eccetera, tutti contenti applaudiamo alla grande idea che non sappiamo davvero come fare a mettere in pratica né se davvero vogliamo farlo, ma l’eccetera eccetera ci entusiasma sempre. E ci sentiamo fieri di far parte della città con i ponti più grandi del mondo e già sentiamo come sarà bello quando questi ponti, se mai li faremo, resteranno a metà, senza portare da nessuna parte, se mai saranno iniziati cominciando dai piloni centrali, certo, eccetera eccetera.

Spesso durante le nostre riunioni, qualcuno si fa largo tra i vanveresi che parlottano tra loro e in un slancio più svanverato del solito, dice che bisogna rilanciare il turismo. Il turismo e il suo rilancio, è uno di quegli argomenti ricorrenti, che si possono tirare fuori in ogni momento e in ogni stagione, nonostante non se ne veda la ragione e non se ne abbiano i mezzi per lanciare davvero questo rilancio. Promuovere il turismo, dice convinto il vanverese, cominciando a promuovere l’immagine della nostra terra come “Vanvera. Un paese, mille certezze”. Tutti annuiscono decisi e sicuri di capire davvero bene quello che vuol dire ‘certezza’, e in molti si stringono la mano convinti, nonostante nessuno sappia in verità cosa vogliano dire queste parole e l’idea del turismo della certezza non sarà mai messa in campo. Anzi, alla riunione seguente, se qualcuno la ritirasse fuori come ricordandosene, contravvenendo alla tradizione vanverese che vuole che ogni volta che si dice qualcosa, anche se la si è già detta mille volte, questo qualcosa sembra sempre un’idea geniale e innovativa, per poi dimenticarla immediatamente, tutti comincerebbero di nuovo a considerarla e si abbraccerebbero, come se infine avessero trovato qualcosa che abbia un senso e che li liberi dall’incertezza continua, ma per poi dimenticarla subito passando all’innovativa proposta successiva che ne prenderebbe il posto. A Vanvera ogni proposta sembra innovativa e rivoluzionaria. I cuori dei vanveresi sono sempre pronti a riempirsi di gioia ed entusiasmo per le nuove idee.

Nei momenti di disorientamento che colgono i cittadini vanveresi durante queste riunioni, quando i discorsi si intrecciano e i cittadini cominciano a cambiare continuamente posto e interlocutore, qualcuno prova a trovare un discorso comune, salendo su una sedia, inizialmente solo per cercare quello che crede sia un vecchio amico di scuola che ha intravisto in fondo alla sala, oppure uno che gli deve dei soldi che magari sono la stessa persona, nonostante i prestiti a Vanvera siano sempre molto confusi, perché non si capisce mai chi deve quanto a chi e il dovuto oscilla sempre, come una borsa locale dei debiti vanveresi. Poi, quello sulla sedia, trovandosi ormai lì in alto, dice la sua sulla prima cosa che gli passa per la mente. E tutti ascoltano, continuando a parlottare, e basta che lui alzi la voce un po’ che subito c’è un’esplosione di applausi. Ma se voi chideste a qualcuno dei presenti il perché dell’applauso, nessuno saprebbe davvero la ragione, ma tutti immediatamente argomenterebbero molto convinti parlando di qualcosainventato di sana pianta. Così voi che vi trovaste a passare da lì, pensereste che il tizio in piedi sulla sedia, stia perorando la causa dei ponti di Vanvera oppure della distribuzione della gassosa direttamente dalle fontane pubbliche, o ancora dell’acquisto di paraorecchie per la protezione degli animali domestici vanveresi dalla grandine di baggianate dei cittadini di Vanvera. Tutti questi argomenti saranno comunque trattati e considerati della stessa maniera e con lo stesso livello di importanza e senza risparmiare i discorsi ricchi di eloquenza e riflessioni, che saranno subito dimenticati per passare a qualcos’altro.

Quello sulla sedia, poi, non sapendo che fare, volendo scendere, ma anche non scendere, perché spronato dagli applausi della folla dei vanveresi, avendo dimenticato ormai pure perché è salito sulla sedia, ma non facendosi trovare alla sprovvista – nessuno dei vanveresi si lascia mai sorprendere e ha sempre qualcosa da dire –, potrebbe sfoderare un altro argomento molto usato nelle riunioni vanveresi e dunque annunciare, così su due piedi, che da domani tutti quanti i cittadini e le cittadine di Vanvera regolarmente iscritti all’anagrafe di Vanvera, troveranno un posto di lavoro sicuro, ben pagato e di tutto riposo. E i vanveresi di nuovo, ecco che applaudono contenti, e addirittura si cominciano già a rimboccare le maniche, nonostante nessuno sappia davvero fare qualcosa in quel di Vanvera, voglio dire un lavoro qualsiasi per cui debba essere pagato, una di quelle occupazioni che oltre i confini di Vanvera sono normali per la gente. Ma sul momento, tutti si sentono soddisfatti e nutrono addirittura grandi speranze per il futuro. I vanveresi hanno delle speranze inesauribili, almeno quanto le assurdità nei loro discorsi.

Questa cosa del lavoro per tutti gli abitanti di Vanvera, però, così come ogni altra cosa d’altronde, sarà subito dimenticata, non solo perché nessuno sa cosa sia il lavoro né l’abbia mai saputo, ma anche perché è del tutto impossibile riuscire a trovare l’anagrafe vanverese. E anche se qualcuno la trovasse, non si potrebbe mai essere sicuri che quello che c’è scritto corrisponda davvero al registro dei veri cittadini vanveresi, visto che le nascite e le morti, sono scritte nei registri solo per sbaglio e le date di nascita e di morte sono del tutto aleatorie: possono essere certamente quelle che leggerete nei grandi registri dell’anagrafe, oppure altre, tanto è uguale. E gli stessi nomi, poi, sono temporanei e passeggeri, nessuno può dire come si chiami qualcun altro, e questo qualcun’altro stesso non potrebbe dire lui stesso come si chiami. Qui a Vanvera non sappiamo mai chi davvero sia chi e chi qualcun’altro. Se qualcuno vuole chiamare un altro, trovandosi nella piazza del paese, fa un nome a caso, il primo che gli salta in mente e tutti quelli presenti si voltano e alcuni si affacciano dalle finestre che danno sulla piazza. Poi per caso qualcuno si avvicina o gli risponde e così si va avanti. Magari cominciano una discussione, nonostante tutti e due probabilmente stanno parlando con la persona sbagliata e sono la persona sbagliata, e non sanno assolutamente niente di quello di cui si sta parlando.

Nella confusione generale sull’identità degli abitanti non sappiamo se ci sono dei sindaci o degli amministratori per esempio, delle persone in carica di gestire la città e prendere le decisioni, e ancora di più le responsabilità. Visto il susseguirsi rapido delle elezioni e dei cambi di schieramento politico e opinione, abbiamo rinunciato a sapere chi abbia vinto cosa e chi abbia avuto il consenso elettorale, visto la fluidità imprevedibile delle preferenze del popolo. E figuarsi se mai e poi mai sappiamo chi li ha eletti e perché. I vanveresi votano e poi dimenticano chi hanno votato, e cambiano subito discorso. Hanno delle opinioni politiche, certo, hanno molte, troppe idee sul mondo e la politica. Ma hanno anche le idee contrarie a quello che non hanno appena esitato a declamare pubblicamente. Per i vanveresi, qualsiasi corrente politica, qualsiasi partito, ha i suoi pro e i suoi contro, e quali siano questi punti a favore e quelli a sfavore, non è importante, perché tanto cambiano in continuazione. E a dire il vero, se voi chiedeste a quello che vi sembra essere incaricato di gestire la città, quello che magari credete essere il sindaco, per esempio il tizio che si trova temporaneamente in piedi sulla sedia ad arringare la folla di vanveresi, e se ci indovinate, se è proprio lui il responsabile, allora quello subito farebbe un salto indietro, tanto da cadere dall’alto della sedia e si affretterebbe a dire che no, non è lui. E anche se sapeste per certo che lui, o un altro vanverese a vostra scelta, è il sindaco, mettiamo per esempio, e andaste direttamente da lui per parlargli a quattr’occhi, quello negherebbe sempre e sempre di essere lui il sindaco e negherebbe con ancora più forza di essere addirittura se stesso, vista l’incertezza sull’appropriazione dei nomi, dei voti e dell’identità a Vanvera, avrebbe molti argomenti a favore per sostenere quest’affermazione – e anche molti argomenti contrari. A Vanvera i cittadini sono degli idealisti, se solo sapessero quali sono i loro ideali.

A Vanvera si organizzano sempre grandi feste e celebrazioni per qualsiasi cosa e a volte per nessun motivo valido, perché non si sa cosa festeggiare e celebrare e se si sapeva, poi ce ne siamo tutti dimenticati. Ma ai cittadini vanveresi piace festeggiare, perché è un modo come un altro per ritrovarsi tutti insieme e dire la propria. Visto che il tempo e il calendario è sempre opinabile e cambia in continuazione, può capitare di avere molti natali e anche due ferragosti nella stessa settimana. Nessuno si stupisce. Così, gli alberi di Natale e i presepi sono smontati alla sera e rimontati ogni mattina – non si sa mai che sia Natale proprio quel giorno. E il coniglio pasquale si aggira sempre tra i campi vanveresi, nonostante nessuno lo abbia mai visto, tanto da aver fatto diventare Vanvera la prima produttrice mondiale di conigli pasquali. O almeno così sostengono i vanveresi. Ma poi subito ecco che si ricordano che è il compleanno di qualche cittadino. Nonostante quello magari ne abbia già festeggiati tre di compleanni nella stessa giornata, tutti si felicitano e gli stringono le mani, dicendogli tanti auguri e di colpo, non si sa da dove arrivi, tirano fuori una torta piena di candeline, il cui numero degli anni è stato messo lì alla rinfusa. Ma nel momento stesso che quello sta per soffiarci sopra e loro già gli dicono esprimi un desiderio, lanciandolo in una lunga elucubrazione su cosa mai possa desiderare e sul suo contrario, ecco che si ricordano che è il compleanno di un altro. Ed è a quest'ultimo adesso che tutti stringono la mano e augurano buon compleanno. E ancora una volta tutti insieme, anche quello che era il festeggiato un minuto prima, ma di cui non ha più memoria, gli dicono dai adesso spegni le candeline però prima esprimi un desiderio. E così, anche questo qui, comincia a riflettere e a pensare a cosa vuole e al suo contrario. Nessuno a Vanvera è mai riuscito a spegnere le candeline sulla torta di compleanno. Per fortuna, in alcuni giorni d'autunno, c'è molto vento che si incarica di farlo, evitando dei possibili incendi. E i vanveresi si distraggono dalla torta e dal compleanno e si mettono a parlare del meteo. A Vanvera esistono solo le mezze stagioni.

Vedete quindi cari amici e care amiche, semplici conoscenti, vicini di casa, gente che incontro e che ho incontrato per strada o in autobus, in quanto cittadino di Vanvera, e fiero di esserlo come ogni altro vanverese, come abbia il dovere, l’irresistibile necessità di dire la mia su qualsiasi cosa. Vedete come il bisogno di esprimere le opinioni più sconsiderate su qualsiasi argomento, sia qualcosa che appartiene alla mia natura più profonda. E se mi sottoporete un qualsiasi soggetto di conversazione, potrò discuterne con voi per molte ore, trovando sempre nuove ragioni per continuare e altrettante per farla finita. Nonostante non ne sappia davvero nulla ma proprio nulla, ve lo posso giurare. Ma di che stavamo parlando?

Ah, certo, vorreste chiedermi, forse, come fare per poter visitare questa incredibile città. Il turismo è il nostro punto forte e per il suo rilancio in questi anni abbiamo fatto una grande campagna promozionale non si sa dove e per chi, e anche una profonda riflessione tra noi cittadini. Direi che Vanvera non ha confini ben stabiliti e non c'è bisogno di lunghi viaggi per poterla raggiungere. A volte si trova addirittura proprio girato l’angolo. Altre volte è vero che bisogna prendere degli aerei. Le sue frontiere sono aperte e si spostano in continuazione. Il concetto stesso di frontiera è sconosciuto per i vanveresi, che vagano a destra e a manca, in continuazione, non sapendo bene nè dove andare, nè perché ci vadano. E non sapendo nemmeno dove abitano, tanto che non è raro svegliarsi in un letto e addormentarsi in un altro. E se si trovano bene, è possibile vederli andare in giro con un filo intorno alla vita e la cui altra estremità è rimasta legata alla casa da cui sono usciti la mattina, perché avevano delle commissioni urgenti da sbrigare, ma che hanno già dimenticato. E così sperano che una volta finite le loro peregrinazioni vanveresi in cerca di non sanno che cosa, poter ritrovare il filo del discorso che li ha portati fino a dove si trovano, per poter rientrare da dove sono partiti. In queste condizioni, senza nemmeno un’anagrafe di riferimento, né delle leggi stabilite una volta per sempre, visto che gli emendamenti e il loro contrario sono sempre in crescita e mai si arriva a stabilire un testo di legge definitivo, il concetto di nucleo familiare e di famiglia è superato da centinaia di anni, da così tanto tempo che non se ne ricorda più quando è stato usato l’ultima volta e quando è caduto in disuso. Tra i vanveresi si parla invece di comunità, gruppo, coalizione, affiliazioni, incontri. Certo, per il tempo che durano le convinzioni e le affermazioni dei vanveresi, che poi negano immediatamente tutto ciò, e si mettono a parlare con fervore di genealogie e discendenze e legami, addirittura di eredità, e di ristabilire la famiglia all’antica e provano pure ad andare a cercare le proprie origini, ma vista l’impresa impossibile che rappresenta questa ricerca in particolare, così come ogni ricerca a Vanvera, l’abbandonano subito, gettandosi a testa bassa in un’altra battaglia in direzione del tutto contraria per l’emancipazione dal concetto di famiglia e il perseguimento della libertà individuale e dell’autodeterminazione. Le argomentazioni e i cavilli dei vanveresi possono portarli molto lontano, più lontano dei confini invisibili e inesistenti della loro città.

A Vanvera il concetto di proprietà privata esiste, certamente, ma nessuno ricorda mai cosa sia di chi e in che cosa consista questa cosa. Per cui capita che due si trovino a condividere lo stesso tetto, anche se non si sono mai visti e a reclamare con vigore la proprietà di quella casa, ma senza che nessuno sappia davvero che cosa voglia dire e senza, di certo, avere uno straccio di documento che ne attesti la proprietà. Per fortuna poi si distraggono e cambiano subito argomento e si trovano di colpo d’accordo su qualcosa di davvero sorprendente per loro e che non vedono l’ora di andare a comunicare perché presto si riuniranno, come al solito, in riunione affollata, entusiasta e rumorosa. L’entusiasmo tipico vanverese per un nuovo argomento, già trattato mille volte ma che mille e mille volte sembrerà sempre nuovo, gli fa dimenticare di legarsi un filo alla vita che li riporti indietro alla casa da cui sono usciti e così, una volta fuori, addio casa e addio proprietà privata. E se per coincidenza questi due, si rivedranno durante la riunione del giorno, non sapranno nemmeno bene se si conoscono, e se si conoscono, dove si siano visti. E certamente faranno molte ipotesi sul loro ultimo incontro, facendo finta di esaminare i propri ricordi, ma di certo nello stesso tempo saranno pronti a esprimere delle opinioni contrarie a quelle che li avevano spinti a uscire di casa per raccontarle agli altri vanveresi. Alla fine della riunione, poi, ognuno tornerebbe in una casa diversa, dove magari non era mai stato. Troverebbe qualcun’altro e comincerebbe subito a reclamare il suo diritto di proprietà e così via all’infinito, oppure eccetera eccetera.

Credendo di avere un grande senso dell’orientamento, ma cambiando idea in continuazione, la geografia a Vanvera è argomento molto dibattuto e sempre al centro dei pensieri vanveresi, così come il tempo. Nessuno dei vanveresi ammetterebbe mai di essersi perso per strada o di non trovare la direzione. Tutti camminano decisi in un senso e poi magari si voltano di colpo e vanno nella direzione opposta. Se magari passando da lì, vi fermaste a chiedere un’indicazione a un vanverese, aspettatevi di arrivare da qualche parte, di avere delle informazioni molto precise e dettagliate, ma senza sapere dove sia questo posto. Il mio consiglio è di non fermarsi a Vanvera per chiedere indicazioni, non andarci proprio a Vanvera, ma guidare fino al paese più vicino, senza seguire le indicazioni stradali che troverete nel territorio di Vanvera. Prendete comunque sempre la prima a destra dopo la chiesa, proseguite fino al giardino zoologico e poi tirate dritto, non potete sbagliare, credetemi.

Tra gli abitanti contiamo un numero indefinito di scrittori, e tra questi innumerevoli poeti, ma anche molti politici e affaristi vari. Tutta gente che può riempire lo spazio sonoro e la pagina bianca con un sacco di storie tutt’affatto credibili e incredibili allo stesso tempo. Ed esserne talmente convinti, da convincere anche altri vanveresi e oltre, andare oltre i confini immaginari di Vanvera stessa. Per non parlare dei vicini di casa, ci sono un sacco di vicini di casa cittadini di Vanvera, che servono sempre come riferimento indispensabile per parlare di cose successe a qualcuno e per essere le persone cui correre per chiedere un’opinione e il sale. E ci sono anche un sacco di avventori dei bar di Vanvera e di altrove, perché tanto nessuno riesce mai a capire dove si trovano i luoghi con precisione e men che meno i bar. Questi sbarcano nelle bettole vanveresi e subito sono investiti da opinioni e racconti non richiesti, ai quali rispondono e rimpinzano di altre cose dette e stradette, ma del tutto innovative e originali alle orecchie degli altri clienti di questi bar immaginari.

Visto che non sappiamo chi siamo, né quanti siamo, né sappiamo dove ci troviamo né il perché ci troviamo da qualche parte, allora non siamo proprio sicuri di essere cittadini di Vanvera e allo stesso modo tutti potrebbero essere cittadini vanveresi. Magari anche a voi che state leggendo queste righe, vi sarà capitato qualche volta di vivere a Vanvera o di abitarci stabilmente per un po’ di tempo comportandovi come se foste sempre stati cittadini di Vanvera. In un modo o nell’altro, non è grave, il carattere dei vanveresi vi permette di fare e dire cose a Vanvera, ma allo stesso tempo di negarle e affermare che non siete stati voi, non l’avete detto voi e no, voi non eravate lì, oppure sì, c’eravate. Lo spirito di contraddizione e lo spararla grossa è proprio dello spirito di Vanvera, cari amici cittadini.

Però, se vi è mai capitato di sentire qualcuno chiamare qualcun’altro in strada e girarvi sperando, anzi convinti, che chiamasse proprio voi, allora forse voi abitate da sempre a Vanvera e non avete mai lasciato la città e forse, addirittura, ci siete nati, dimenticando subito le vostre origini, e magari siamo pure cugini, perché tutti sono parenti a Vanvera, e tutto questo scritto è solo un memoriale, per invitarvi alla prossima riunione dei cittadini vanveresi che si terrà in un momento scelto alla rinfusa e in un posto a casaccio.

Mi raccomando seguite alla lettera l’unica legge rispettata e che tutti ricordano a Vanvera e che è scritta in lettere d’oro su ogni porta di ogni casa vanverese e che credo faccia così:

Dite la vostra, eccetera eccetera.



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